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Una misteriosa chiamata: primi passi


Se l’essere umano ponesse le proprie attenzioni alla cura del civile comportamento nelle stessa misura della conduzione degli affari economici, con gioia e soddisfazione saremmo ben lieti di annunciare il progresso sociale del ognuno. Anche se le personali tensioni ci spingono a migliorare la qualità della nostra vita, mai abbastanza vien fatto per indagare nel proprio io e leggerne le recondite pulsioni, per cui, aldilà da atteggiamenti cattedratici, si evidenziano le ragioni delle proprie scelte, laddove mai con chiarezza si conoscono le mosse della causalità ragionata o del caso che fatalmente disegnano il nostro destino.
Teruccio, attento spettatore delle proprie e altrui movenze, offre agli amici un modesto campione di ciò che valicando le aspre colline della quotidianità, stuzzica la mente con la descrizione di un fatto che, rapportato alla propria esistenza, rimette in discussione ciò che abitualmente pare scontato. Leggete e, se lo riterrete opportuno lasciate un commento.
(dal profilo biografico di Suor Maria Pia Giannetta: primi passi)

Pasqualina era la figlia di un falegname e le modestissime condizioni di vita, in un borgo dedito prevalentemente al lavoro dei campi, non consentivano ai più nient'altro che un pasto caldo. La giovane ragazza era la gioa della casa, perché non aveva altri interessi se non quello di sollevare la famiglia da quelle incombenze che la misera condizione sociale crudelmente imponeva.
Nei momenti di libertà Pasqualina si recava in Chiesa, sia per la personale preghiera, sia per svolgere l’attività di catechista con la speranza che, oltre alla protezione di Dio, potesse godere del sorriso di un volto amico.
Ed è appunto in chiesa che un bel giorno, dopo aver impartito ai più piccoli le nozioni di catechismo, si fermò a pregare e, come in un'estasi, sentì una voce: "Vieni e seguimi". Quella voce, risuonando più volte nella trasognata mente di Pasqualina, produsse un enorme turbamento e fu così che la tranquilla fanciulla divenne profondamente triste. Il laborioso artigiano si accorse che la figlia aveva perduto la naturale spensieratezza e qualcosa di notevole rilievo era successo; non sapeva cosa fare e, alla fine tra dubbi e incertezze, un bel giorno si decise a chiedere alla figliola: "Cara, non ti vedo com le altre volte; hai il volto dimesso e non sorridi al tuo babbo come sempre?"
La Fanciulla rispose: “Padre, so che mi volete bene e soffrirete per ciò che sto per dire; Il Signore mi chiama e non osavo dirvelo per non anticiparvi la tristezza della solitudine”. Il buon uomo, come uomo di fede e di forte carattere, non si scompose e rivolto alla figlia disse: “Pasqualina, mi addolora il fatto che ti allontani da me, ma se questa è la volontà del Signore, non posso opporre resistenza.” “Si padre, sapevo che mi avreste assecondato, ma si da il caso che conoscendo l’economia della casa, non ho osato informarvene, anche perché non posso chiedervi la somma necessaria per il corredo”. “Figlia, vuol dire che lavorerò di più e metterò da parte qualche risparmio e sarò contento se questo ti renderà felice”. Il discorso si concluse con lo sguardo reciproco che esaltava la misteriosa forza dell’amore.
Mentre le condizioni familiari restavano immutate e si moltiplicavano i frustranti pensieri e le fervorose preghiere, un bel giorno il postino portò una lettera.
Era un invito. La lettera portava il timbro postale di S. Giovanni Rotondo. Il contenuto era: “Il Signore ti chiama”.
Capirono che dovevano andare da P. Pio.

Dopo qualche giorno, di buon mattino, Pasqualina era nella chiesa del frate di cui erano già noti i poteri taumaturgici e, mentre tutti erano ansiosi dell’arrivo del pio religioso, non appena questi si recò, come faceva ogni giorno, al confessionale, rivolto alla Pasqualina: “Ehi, tu, vieni con me, perché ti devo parlare”. La ragazza non appena si trovò di fronte al Padre, confusa per l’invito e frastornata tra mille pensieri, fu liberata subito dalla imbarazzante situazione: “So tutto, prendi questa busta e segui la via del Signore; va in pace!”.
La busta conteneva i soldi per il corredo da portare in monastero; esattamente ottantamila lire, la somma richiesta per il corredo da portare in monastero. E fu così che Pasqualina poté essere ricevuta a Ciorani in provincia di Salerno dalle monache Visitandine e fu suora col nome di Maria Pia.

Teruccio: La ballata del disperato


Avevo coraggio ed entusiasmo,
mi hai tarpato le ali.
Avevo illuminata la mente,
hai oscurato il mio sole.
Avevo un cuore,
mi hai braccato l'amore.
Avevo un lavoro,
mi hai relegato sul lastrico.
Avevo famiglia,
che ora è misera e grama.


Tu nuoti nell'oro e gozzovigli
col mio lavoro empisti le tasche,
eppur come me, venivi dal nulla;
senza decoro avesti consensi
con vane promesse,
Senza vergogna hai perso lo scorno
e ostenti nell'ozio
la dignità che non hai.
Ascolta, ti  prego,
ciò che dice la storia.



Se duro è il tuo cuore
che sarà di te.
Nè a te, nè ad altri
i privilegi di casta... ohimè,
... è tardi, la lista è già lunga! Ricorda ai tuoi figli
che nel mondi di uguali,
siamo fratelli e sorelle.
Chi non ama lascia la pelle.













Il professore e Melina abitavano nello stesso stabile, ma non si incontravano mai, perché gli orari di occupazione erano talmente diversificati, per cui, avveniva spesso che, mentre uno era al mercato, l'altro era scuola, oppure, quando l'insigne docente rincasava, la Melina era impegnata nelle faccende domestiche.
Un giorno però si incontrarono sul pianerottolo, ed ebbero l'opportunità di trattenersi alquanto per raccontarsi qualcosa.
Oltre alle ordinarie domande alle quali si risponde facilmente: “Da quanto tempo non ci si vede? Come vanno le cose… È passato molto tempo… Le figliole cosa fanno?”, la Melina trovò il garbato inserimento per dire: “Professore, è da tempo che accarezzavo l'idea di domandare qualcosa e, in verità, tra la mancanza di coraggio per la delicatezza della richiesta e per un certo senso di timore reverenziale, spesso ho lasciato correre; ma ora, cogliendo l’occasione di quest'incontro, in considerazione che siete un pezzo da novanta del nostro paese, vi chiedo: potreste darmi una mano per trovare un posto di lavoro per il fidanzato della mia Rosellina?".

Dopo un attimo di silenzio, il professore, da raffinato politico qual era, prese nota della richiesta e, laconicamente rispose: “Vedremo cosa si potrà fare!”.
Don Carlo, era questo il suo nome, prese a cuore la richiesta e, in men che non si dica, si rivolse al Direttore di un prestigioso nosocomio per l’assunzione del futuro genero di Melina.
Anche l'Augusto dirigente rispose: “Vedremo!”.
Il professore sentì il bisogno di accollarsi il dovere di favorire la signora Melina, perché, oltre che amica, era una vicina di casa.
Il direttore dell'ospedale al professore non poteva dire di no, perché sentiva il dovere di ringraziare un amico di partito e così, dopo qualche giorno, fu in grado di dare una risposta, non del tutto esaustiva, ma alquanto rasserenante, perché apriva la porta della sicurezza del posto sicuro ad un giovane disoccupato.
Il posto poteva essere disponibile, ma bisognava fare un po' di luce sul ruolo che il raccomandato avrebbe dovuto svolgere all'inizio: “Carlo, non potevo deluderti in merito alla richiesta che l'altro giorno mi hai fatto: il posto per il tuo raccomandato è disponibile, ma debbo dirti che mi sono impegnato con notevole interesse, visto che il caso ti sta a cuore, per cui potrai comunicare alla tua amica che c'è una buona opportunità per il giovane, a condizione che inizialmente, dopo aver presentato la debita documentazione con il relativo curriculum, la collocazione iniziale non sarà relativa a ciò che desidera, bensì solamente all'ingresso nella struttura e, solamente seguendo un certo itinerario burocratico, successivamente potrà godere di un posto degno di un laureato. E così dopo un po’ di tempo si sistemerà il tutto in un modo consono al titolo posseduto”.

Il professore fu contento dell'intervento dell'amico e doveva solamente comunicare alla Melina il buon esito della situazione. Carlo non si aspettava salti di gioia, né tanto meno eccellenti gesti di gratitudine, conoscendo il modo di pensare e di agire della vicina di casa e la mentalità del futuro genero.
Bisognava solamente trovare le parole adatte per veicolare il messaggio.
La Melina fu chiamata a telefono ed ebbe la notizia che attendeva, o almeno che immaginava che fosse, senza clausola alcuna di precisazione.
In men che non si dica la Melina fu a casa del professore e ricevette il messaggio che avrebbe a sua volta dovuto comunicare al genero.

Quando s’incontrarono il professore aggiunse ciò che telefonicamente non era stato riferito; infatti, la Melina si lasciò andare a qualche esternazione e accettò la notizia con titubanza.
Carlo che non s’aspettava manifestazioni di eccelsa gratitudine, dalle dichiarazioni dell’interlocutrice capì anche ciò che non era stato detto.

La Melina, appena fu a casa diede la notizia alla sua figliola, alla quale fu lieta di dire: “E' venuta l'ora per poterti sposare”. 
Purtroppo, dopo qualche giorno, la ragazza, tra le lacrime disse: “Mamma non mi sposerò più… sarò solo innamorata dell’eterno sogno della perfetta zitella”.
La mammina aveva capito tutto e, conoscendo il carattere del genero, uscì di casa e rintracciò il professore al quale disse: “Caro amico, ho riferito a mio genero quanto mi avevate detto e vi ringrazia per l’interessamento, ma al tempo stesso vi fa sapere che per motivi personali non può accettare l’incarico”.
Una lunga pausa e l’abbozzo di un sorriso furono il preludio di un formale saluto.
Le vicende umane, obbediscono purtroppo alle leggi del caso, del tempo e delle opportunità che riteniamo le più consone alle immediate necessità: la piccola, entrata nel ruolo ordinario dell’insegnamento, pensò bene di convolare a nozze, in attesa della sistemazione occupazionale del marito.
La Melina le molte volte che incontrava il professor … di proposito evitava di parlare della figliola; d’altro canto l’insigne docente non resistette all'istinto della curiosità e, un giorno domandò: “Melina, la tua figliola come sta?”
“Va a scuola, povera figlia; la sede è lontana da casa; meno male che ha sposato un brav'uomo, disponibile per quei lavori domestici che abitualmente sono svolti da donne”.
“E non si annoia?”.
“No, perché nelle pause, per evitare la noia, suona la chitarra”.
Il professore non osò aggiungere commenti e si limitò a dire:

“Eh, già per le faccende domestiche e la preparazione dei pasti non è richiesta la laurea”.   

Teruccio, dopo aver sperimentato l'effetto afrodisiaco dei sogni, pensando che tu abbia gustato la bellezza della natura e, con occhi di malinconia, abbia sperimentato, come spesso accade, la non malefica medicina della frustrazione, ti mostra lo scenario di un futuro sogno che ti fa partecipe della gioia della vera bellezza. Tu sai che ti voglio bene e, come sempre ti aiuto a pensare: se ti fermi, proverai la gioia di leggere la ricetta che copre il vuoto delle vane speranze e delle umane ipocrisie. 

Nel lato remoto rivolto a ponente, due pareti del sacro tempio, forgiate ad angolo, erano la sede ultima di quel fogliame che, trascinato dal vento completava, dopo le giravolte della poco musicale danza, quel ciclo che le avrebbe ridotte in polvere. Come le foglie, gli antichi frequentatori del contado, nei mesi freddi, in cerca di un raggio di sole e al riparo del vento, si davano convegno e raccontavano eventi pregressi e si raccontavano le vicende attuali delle proprie e altrui vicissitudini.



Avvenne un giorno che il rettore della Chiesa per facilitare l'accesso al sacro tempio fece costruire un pendente invito, in prossimità del citato angolo, onde agevolare i fedeli per l'ingresso alla chiesa. 
Ormai, l'angolo non più praticabile, fu abbellito con maioliche, di stile vietrese, riproducenti la storia dell'invenzione della Sacra Icona di Materdomini.

La sacra edicola riporta: "Questa terra è santa".


Avviene ora: Nell'anno di grazia 2016, Papa Francesco indice il Giubileo della misericordia: Il Rettore della Basilica, P.Valerio Molinaro, la pietà dei fedeli, la devozione del Dott. Andrea Monetti, l'Associazione Materdomini celebrano la solenne attualità del momento con un pannello in maiolica che riproduce San Francesco che accarezza il lupo: E' un segno di perdono per le malefatte di una bestia feroce. 
Quel lembo di quell'angolo, parte integrante di una terra santa, riproduce plasticamente la storia del passato e l'attualità del momento ed è il vero Paradiso in cui i vecchietti, rinvigoriti dalla fede, insieme ad altri fratelli, non più come foglie morte, raccontano e si raccontano i fatti che allontanano la malinconia e proiettano l'uomo in un futuro di speranza.