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Manuela piangeva senza un evidente motivo: eppure aveva superato con successo un altro esame, Giorgio, compagno di studi, la guardava con simpatia, ma non osava porgere domande e, con tenerezza, rifaceva all'infinito la trama di un roseo futuro, vagheggiato in un sogno. Non osava parlarne. Ogni pensiero sulle doti di Manuela era come un’onta che incrinava la purezza di una meravigliosa creatura. L’unico esito, allorché un raggio di sole fendeva le nubi, era: “Giorgio, andiamo al pianoforte, desidero ascoltare quel celebre pezzo della signora Tecla!”.


Il titolo del brano richiesto era: “La preghiera d’una vergine” e Manuela nella sua immaginazione pensava di rivolgersi alla Vergine per poter donare all'amato il dono più grande che la natura abbia dato al gentil sesso,
La musica cambia tutto. Le note guidano alla speranza. Le pene d’amore incitavano i due giovani e, non bastava fidarsi l’uno dell’altro, perché ciò che era amicizia si tramutò in un sentimento che si aprì in una continua emozione che crebbe e, come un fiore, si dischiuse ed effuse un soave profumo. Ma l’amabile vita non obbedisce alle scansioni del tempo. Qualcosa aveva inceppato il meccanismo.
Giorgio era un bellissimo fusto ed oggetto di tutti gli sguardi e le attenzioni delle ragazze del paese; inoltre la figura di Giorgio crebbe a dismisura nel momento in cui la malattia di una parte del bestiame creò lo sgomento della popolazione per la morte di tanti animali che rappresentavano l'unica ricchezza di una società agricola. E poiché il giovane aveva dimorato, come ricercatore nell'Estremo Oriente, “La Pet terapy” fu la soluzione ideale per arginare le epidemie e consolidare in tutto il borgo la stima di un rapporto, a dir poco, quasi familiare.


Tra i molti interessi il giovane studente universitario non disdegnò di offrire le sue competenze massoterapiche e, ben presto, veniva invitato per la cura dei dolori articolari degli umani.
Il giovane, ormai personaggio popolare, per le competenze specifiche e per la sua squisita disponibilità, aveva ottimi rapporti con tutti ma, con un taglio decisamente diverso, cullava segretamente la simpatia per la compagna di università: Manuela! Oh quante volte questo nome volava fra gli appunti, sui bigliettini, sui post-it e un po' dovunque rappresentava un mondo costellato di sogni e di stelle luminose.  
La mamma di Manuela era talmente contenta di vedere spesso in casa un giovane buono, di talento, bene educato e sempre pronto a prestare le sue attenzioni a chicchessia. Molte volte, vuoi per celia, vuoi con un discorso serio, sul tavolo delle conversazioni, venivano trattati i più disparati argomenti e, molto spesso sotto i paludamenti di discorsi allegorici si celava, con delicato pudore, ciò che nessuno rendeva esplicito nel timore di rompere un idillio che poteva rappresentare l'anticamera della gioia. Ogni genitore si affatica ad ottimizzare lo stato dei figli nella istintiva speranza di poter garantire ad essi un futuro di tranquillità e benessere. L’occasione per arricchire questo quadro fu la sciatalgia della signora Lena. Giorgio oramai era una celebrità ed era continuamente invitato per la disinvolta capacità di una mano flessibile, delicata e gentile che alleviava le pene di uno dei più atroci dolori.
E la signora Lena, madre di Manuela, tormentata dal dolore del nervo sciatico, si rivolse a Giorgio, per il trattamento del caso.
Il giovane ringraziò la Lena e in modo garbato, data la delicatezza del caso, giudicò indecoroso il suo intervento e rifiutò l’incarico. La signora Lena, che davvero soffriva le pene dell'inferno, non si arrese e disse al giovane: "Giorgio, se hai delle difficoltà non dartene pena, e capisco il tuo disappunto, per alleviare le mie sofferenze, ti scongiuro, insegna a Manuela come trattare il muscolo indolenzito e di conseguenza sarà, a sua volta, mia figlia a curarmi senza che ti occupi di altro”. Ci fu una pausa di riflessione, qualche leggero tentennamento e poi, alla data convenuta, cominciò la prima lezione che avrebbe dovuto avere, si sperava, un effetto benefico. E fu così che i due giovani si trovarono da soli in camera e imbarazzati per la singolare situazione non sapevano da che parte cominciare; anche la domanda che i medici, quando il caso lo richiede, rivolgono ai pazienti: "si spogli!" fu del tutto ignorata.


Giorgio travolto dalla passione, divenne pallido e le mani, terribilmente fredde, avevano perduto quella sensibilità indispensabile per la lezione massoterapica. Disse: “Ho bisogno di eccitare i muscoli delle mani e qualche arpeggio al piano dovrebbe ripristinare le mie naturali qualità terapeutiche.
Mentre si dirigevano verso lo strumento, il silenzio fu interrotto da un recitativo: “Quando c’è l’amore, se dicessi che ti amo, non sono le labbra che si chiudono, è la mente che recita una sublime preghiera; l’esecuzione di ciò che desideri ascoltare e l’effetto degli   arpeggi riporteranno in primo piano ciò che finora è stato lo sfondo della nostra amicizia”. Si sedette e la preghiera fu benedetta dalla Vergine: nell’intenso reciproco desiderio gli occhi si incontrarono, le mani si strinsero, i corpi si abbracciarono e di sciatica non si seppe più niente. La terapia praticata fu attuata diverse volte, una di seguito all'altra, e poi, come corpi senz'anima, restarono immobili fino al momento in cui la signora Lena sorprese i due amanti nel caos prodotto dalla “lezione” completa di ciò che non doveva avvenire.
Il disordine causato in quella camera era ben poca cosa rispetto a ciò che si pensava, magari si desiderava, ma che nessuno osava mettere in essere. La signora Lena, invece, ben lungi di assistere ad uno spettacolo tanto devastante, redarguì Giorgio, non accettò le scuse, si disse mortificata per la profanazione di una casa di persone serie e minacciò il giovane, ricordandogli più volte che non avrebbe mai più dovuto fermarsi a casa sua.
Il divieto fu la sua naturale occasione per semplificare le cose e, i due giovani, pur soffrendo amaramente, non si frequentarono più.

***

Erano passati molti anni e oramai Giorgio, collocato a riposo, non aveva oneri specifici se non quelli di ricordare i momenti trascorsi tra le illusioni e le delusioni, tra le gioie e i dolori dei tempi che furono.
Non appena arrivò il compenso per il trattamento di fine rapporto, sentendosi beato e appagato per il lungo lavoro compiuto, decise di acquistare un'auto nuova. Dopo aver scelto il modello e il tipo di vettura alla guida di qualcosa che gli pareva il massimo della eccellenza, incominciò a rivisitare i luoghi in cui nell'età verde aveva seminato il germe di felici momenti.
Tra le diverse escursioni il pensiero, prima ancora della vettura, lo riportarono in uno sperduto paese di provincia in cui il giovane si trovò in un’avventura in cui nell'alternarsi di dubbi, tormenti e dolori, si consumò il destino delle scelte future.
Già da qualche giorno, aveva pensato alla sua Manuela con la quale aveva condiviso la preparazione agli studi 'universitari, e…con innocente beatitudine, ciascuno per proprio conto, Giorgio e Manuela, avevano disegnato nell'intimità dei propri pensieri, un roseo scenario.
Con la nuova auto, prestigiosa, di colore rosso, Giorgio si trovò ai piedi di quella casa che da giovane lo aveva ospitato e, all'ombra dei molti ricordi, aspettava di vedere quel volto che con il passare degli anni sarebbe diventato più bello, o…al contrario non più riconoscibile.


L'auto si fermò dinanzi al cancelletto in cui regnava un misterioso silenzio, prontamente interrotto dalla presenza della cagnetta che aveva fiutato la presenza dell’antico padroncino. Girò non solo intorno all'auto, scodinzolò la coda, guaiolò e, mugolando penosamente, emise orrendi latrati: era il prepotente istinto in attesa di moine e carezze. Giorgio ne condivise i desideri e, pur avvertendo il disagio, si rese conto che dal balcone Manuela, ignara di ciò che accadeva a pochi metri, chiamava la cagnetta che, renitente ad ogni invito, continuava ad emettere un prolungato lamento come se avesse avuto un malessere. La padrona, impegnata per faccende domestiche invitò la figlia a riportare in casa la piccola bestiola: inutile mossa, la bestia non ubbidì e la padroncina si rese conto che c'era qualcosa di particolare ma non sapeva cosa fosse.
Intanto la piccola si fermò ad osservare il forestiero che rifaceva per proprio conto gli eventi pregressi che erano, a dispetto del tempo, come brace incandescente occultata dalla cenere, e, come in un film il sottofondo musicale della preghiera di una vergine, prodotto da un Compact disc, copriva gli spazi vuoti dei dubbi e delle incertezze.
La ragazza, che fino a quel momento era stata muta, rivolta allo sconosciuto domandò chi fosse l’esecutore e, di seguito alla risposta, disse: “Se proprio mi vuoi far cosa gradita ti presenterò a mamma che spesso nei momenti di grigiore si cimenta nell'esecuzione di questo brano e sempre con scarso successo. In casa abbiamo un ottimo strumento; è un vero peccato che uno strumento prestigioso venga considerato come oggetto di arredamento. Mio padre odia quello strumento perché è oppresso dall'incubo del primo amore di Manuela. Mentre a rilento andavano al piano superiore per l’esecuzione del brano musicale, Manuela osservò l’ospite e anziché essere in difficoltà, si rese conto che il tempo non aveva cancellato la preghiera di quella vergine che attendeva l’epilogo di quanto una giovane donna potesse desiderare.
L’improvvisa apparizione di Giorgio fu l’ennesimo rigurgito dell’amore che resiste al tempo e Manuela, raggiante, incarnava l’aspetto di chi ritrova la gemma preziosa che era smarrita.
Gervaso Riganelli aveva sposato Manuela e, quando ebbe modo di conoscere dalla suocera il pamphlet delle cronache familiari, visse con l’angosciosa paura di un fantasma che suona.

***

Gervaso, attratto dal suono e dal vocio, istintivamente si rese conto che lo spettro che lo aveva tormentato per anni era una persona in carne ed ossa, divenne furibondo e, mentre pensava di reagire alla circostanza,
che a mezza costa, si consumava tra il delirio e la follia, già fisicamente debilitato, non resse e si accasciò su se stesso.
La morte improvvisa ebbe il suo naturale epilogo e in modo composto e dignitoso pensarono alla sepoltura.
Il rito funebre si svolse con notevole celerità e di ritorno dal cimitero ci furono le ulteriori ciance di circostanza e l’assemblea familiare si sarebbe protratta fino a quando la giovane, ignara dei trascorsi sentimentali della mamma, rabbiosamente esclamò: “Mamma, sei senza cuore, babbo è morto e non hai versato una lacrima”. “Figlia, è giunto il momento di dirtelo, un destino crudele ci ha fatto sciupare una buona fetta di felicità. Quell'uomo mi fu dato come marito da tua nonna Lena, ed ora sappi, che quando con l'ultimo arpeggio, commentando il nostro stato d’animo,  la tenue triste melodia ha lasciato la solitudine, la pena esistenziale è scomparsa dalla nostra vita… il decesso di Gervaso è stato l'epilogo del trauma pregresso che ha accompagnato il mio matrimonio... il musicista che ti sta accanto è tuo padre”.

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